Francesco Faà di Bruno nacque ad Alessandria nel 1825 in una famiglia numerosa, aristocratica, ricca e molto generosa con i bisognosi.A soli nove anni perse la madre, Carolina, donna molto religiosa “bella davanti a Dio e agli uomini”, e due anni dopo (1836) entrò nel collegio dei Padri Somaschi a Novi Ligure. La formazione ricevuta qui influì non poco su Francesco negli anni seguenti. Negli anni 1840-1846 frequentò la Regia Accademia Militare di Torino, famosa allora, sembra, quanto quella di Berlino. Iniziò subito dopo un biennio di specializzazione in topografia e in lingue straniere. Nel 1848 partecipò alla Prima Guerra d’Indipendenza nella Brigata comandata dal principe ereditario Vittorio Emanuele che lo apprezzò “sul campo”. Nella pausa della guerra disegnò la Grande Carta del Mincio, che poi si rivelerà addirittura provvidenziale nella Seconda Guerra d’Indipendenza (battaglie di Solferino e di San Martino). Promosso capitano di Stato Maggiore, combatté valorosamente nella infausta giornata di Novara (1849), dove rimase anche ferito. Con la promessa di diventare precettore dei figli di Vittorio Emanuele, fu inviato (1850) a Parigi, alla Sorbona per i corsi di scienze naturali. Durante questo soggiorno frequentò e conobbe vari esponenti del cattolicesimo francese (parrocchia di Saint Sulpice) e aderì anche alle prime Conferenze di San Vincenzo fondate da Federico Ozanam, conosciuto personalmente. Nel 1853 diede l’addio alla carriera nell’Esercito anticipando così un secondo sbarramento ideologico che lui aveva già percepito come possibile: l’opposizione degli alti gradi dell’Esercito ad una sua eventuale promozione, perché di valori e idee diverse, cioè perché cattolico. I suoi meriti e le competenze acquisite non gli bastavano . Anche negli anni seguenti non furono sufficienti né le lauree conseguite, né le pubblicazioni di ordine scientifico famose in Europa, né altri meriti di studioso e di scienziato inventore, né la raccomandazione di eminenti studiosi e scienziati anche stranieri, scandalizzati per l’ingiusto trattamento riservato al loro collega italiano, per fagli assegnare, (secondo logica, giustizia e... buon senso), il massimo grado accademico e cioè la cattedra di Professore Ordinario. Insegnerà sì nell’Università ma la carriera gli sarà costantemente impedita. 

Un italiano geniale ed un santo 

Mentre portava avanti la sua multiforme attività in campo scientifico, fu nel 1859 che mise il più importante tassello alla sua molteplice attività sociale a beneficio di tante ragazze bisognose: la fondazione della Pia Opera di Santa Zita, seguita da innumerevoli altre iniziative di carità cristiana, rispondendo così a bisogni reali della popolazione, che l’amministrazione comunale faceva finta di non vedere o non voleva affrontare. 

Ma sarà solo nel 1868 che inizierà la costruzione della chiesa di Nostra Signora del Suffragio, al servizio della sua Opera, del quartiere e dei defunti dimenticati del Purgatorio. In quello stesso anno decise la fondazione della Congregazione delle Suore Minime di N. S. del Suffragio che in varie nazioni, con impegno e dedizione, continuano a diffondere ancora oggi il suo carisma. 

Sollecitato da più parti e sostenuto da amici (tra i quali Don Bosco) nell’anno 1876 diventò sacerdote iniziando una grande attività spirituale, sia come Rettore della sua Chiesa del Suffragio, sia come predicatore efficace, come confessore zelante, e come direttore spirituale richiesto e ascoltato (conoscendo le lingue anche dagli stranieri residenti a Torino). Furono solo 12 anni di servizio sacerdotale, ma furono intensi e arricchenti per tutte le persone che lo avvicinarono.

La morte, alla quale era sempre preparato, arrivò il 27 marzo 1888, due mesi dopo il suo amico Don Bosco.